Un solo Cleaning Day non è sufficientePartiamo dalla bella notizia: qualche settimana fa, 112 volontari hanno rimosso 1.400 scritte vandaliche su una superficie di oltre 600 metri quadrati, presso la casa popolare di Viale Lombardia, al civico 65. Tutto è estremamente positivo: con il Cleaning Day, i cittadini si riappropriano della loro città, si impegnano in prima persona a farla ritornare bella, anzi, splendente, ripulita da segni e scritte di ogni genere. Milano, infatti, non ha la forza, come tutte le metropoli, di affidare pulizia e decoro solamente agli operatori. Giriamoci di 180 gradi e leggiamo la stessa notizia: 112 volontari hanno dovuto dedicare il loro tempo a far tornare puliti muri che erano stati imbrattati. Ma perché occorre organizzare un Cleaning Day? Possibile che non si riesca a contenere il problema “graffiti”? La risposta è no. Non si sta qui parlando dei graffiti-opere d’arte, che in alcuni casi migliorano addirittura il decoro urbano, ma di scritte lasciate di passaggio da persone che non hanno altro intento se non quello di rovinare e prendere in giro le regole del vivere civile. Ecco, questo è il punto. Chiunque viva a Milano sa che, puntualmente, poche ore dopo che la facciata della propria abitazione è stata ritinteggiata, comparirà una scritta, inutile, incomprensibile. Che il lavoro degli operatori per ripulire il tutto sarà vano. Quindi, tanto vale farsi sommergere dalle scritte e trasformarsi in una periferia degradata (indipendentemente dal quadrante o dall’area in cui si vive). La proposta è semplice: ben vengano mille Cleaning Day. Ma, in aggiunta, perché non puntare sull’educazione civica nelle scuole e sulla creazione di spazi dedicati proprio ai graffitari? Già ci sono? Allora significa che sono troppo pochi. Nella foto, si può ammirare un graffito intelligente. Indietro |