Le nostre nuove paureFino a pochi mesi fa il nostro vocabolario non contemplava concetti quali: sanificare bene le mani, indossare la mascherina, stare lontano dagli altri. Gli altri, dai famigliari, agli amici, ai colleghi, erano persone da abbracciare e frequentare, in qualunque occasione si volesse. Adesso non è più così. Il nostro vocabolario si è arricchito non solo di nuove paure, ma anche di comportamenti che non ci sono proprio naturali. E chi ci governa si è assunto l’onere di dirci a che ora rientrare a casa, quante persone invitare per cena, quando prendere i mezzi o andare in montagna e al mare. In tempi di emergenza abbiamo accettato molte restrizioni senza fare troppe domande, certi che fosse giusto e doveroso per proteggere tutta la popolazione. Abbiamo peraltro scoperto che le persone possono essere potenzialmente molto pericolose e attaccarci un virus, che noi a nostra volta, anche senza sintomi, possiamo trasmettere agli altri. Ecco che essere “positivi o negativi” e saperlo anche delle persone che si incontrano diventa fondamentale. Le persone, anche quelle che ci sono più vicine, non sono più neutrali… ma portatrici o di bene o di male, anche inconsapevolmente. Questo ci sta rendendo paurosi, timorosi, sempre pieni di dubbi. Siamo spaventati e ce ne stiamo accorgendo proprio adesso… momento in cui ci viene spiegato che la fine in fondo al tunnel c’è ma il cammino è ancora molto lungo. Come ne usciremo? Non migliori né peggiori, forse diversi, come dopo aver preso un acquazzone, esserci raffreddati e dunque con qualche linea di febbre. Ci vorranno anni perché si riprenda l’abitudine a dare la mano a un estraneo come segno di saluto senza pensare: “E se questo mi attacca il Covid?”. Ancor più fatica faranno i giovani. Sarà per questo importante riprendere gradatamente, innanzitutto dalla vicinanza degli affetti primari, leva con quale potremo nuovamente guardare al mondo senza mascherina.
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